giovedì 12 maggio 2016

Il bello & il brutto

Bologna, 7 maggio 2016, zona desolata vicino alla Stazione
Mi piace l'ambivalenza. Non l'ambiguità, che detesto, ma proprio l'ambivalenza; l'avere almeno due volti da mostrare, che poi, tradotto in termini affettivi, significa essere capaci di accettare la propria imperfezione.


Non mi piacciono le persone rigide, tutte d'un pezzo, inflessibili quando hanno ragione. Allo stesso modo rifuggo quelle troppo compiacenti che si annullano pur di essere apprezzate.




Mi piacciono, ecco, le persone che chiamerei relativamente coerenti, cioè leali e affidabili, ma capaci di qualche piccolo cedimento o fragilità. Apprezzo molto, negli altri, la disponibilità a contattare anche le parti meno nobili di sé, come la rabbia o l'eccesso di amor proprio o la paura. Mi piace che nel bello ci sia anche un pochino di brutto e amo ancor di più, però, riuscire a intravedere qualche traccia del primo, del bello, nel secondo. 




La bellezza assoluta è fredda come la bontà assoluta. Non genera emozioni intense, ma un apprezzamento per lo più solo di tipo riflessivo e razionale. L'ambivalenza estetica, invece, provoca, fa pensare, ci incoraggia ad abitare la terra e ad attraversare le nostre ombre.



Come in queste foto scattate qualche giorno fa nei pressi della stazione di Bologna, in una strada assai brutta e grigia, costeggiata da un muro scalcinato reso ancora meno attraente dal filo spinato.



Muro e filo spinato segnavano il confine con un al di là forse anche più brutto; un insieme disordinato di casermoni, di antenne, di erbacce e di gru tristi e immobili contro il cielo.




Poi, però, la visione di un rosario di papaveri rossi incongrui rispetto al luogo, gioiosi e quasi sfacciati, inattesi in tanta desolazione, mi ha generato la stessa meraviglia emozionata che si prova di fronte a un'opera d'arte. 



Attraversare una perdita è un po' come trovarsi improvvisamente catapultati nella desolazione di un paesaggio inaccogliente. Poi ci si fa coraggio, si procede, un passo dopo l'altro, e si aguzzano gli occhi per cercare un appiglio, una consolazione, il richiamo della vita.




4 commenti:

  1. Sereno e costruttivo proposito di vita..complimenti.

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  2. Ho pensato al romanzo di David Copperfield, a tutte le sfaccettature umane che contene la descrizione dei suoi personaggi, aspetti che in fondo sono presenti nel contenitore emotivo di ogni essere umano. Coltivare la virtù e l'intelletto, come diceva Dante, diventa importante, ossia cercare di contenere ma anche di lasciare spazio alle proprie fragilità, lasciarle fuoruscire per non appesantire il nostro spirito, cuore, se vogliamo cercarvi un luogo. Quel luogo dove troneggiano grandi casermoni, paesaggi aridi in contrasto con una grande bellezza, la bellezza descritta da Cronin, essa non deve svanire, il nostro attraversare ombre e distacchi deve pur sempre concederci la possibilità di cercare un appiglio, un riferimento, per non perderci. Come sempre il tuo post fornisce talmente tanti spunti , che non mi fermerei di esprimere i miei pensieri, alla rinfusa, com'è nella mia indole, ma logicamente mi arresto con un'ultima cosa che mi è passata per la mente sempre leggendoti, ho pensato naturalmente all'arte, a cosa presentare allo storico Achille Bonito OLiva , alla prossima mostra, ebbene ho deciso:l'ambivalenza. grazie per il tuo stupendo blog

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  3. Mi fa piacere di averti dato uno spunto! L'ambivalenza, che molti confondono con l'insopportabile ambiguità, è una bellissima qualità e l'apprezzo da sempre.

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Scrivere in un blog è come chiudere un messaggio in una bottiglia e affidarla alle onde. Per questo i commenti sono importanti. Sono il segno che qualcuno quel messaggio lo ha raccolto. Grazie in anticipo per chi avrà voglia di scrivere qui, anche solo e semplicemente per esprimere la propria sintonia emotiva.