Bologna, 7 maggio 2016, zona desolata vicino alla Stazione |
Mi piace l'ambivalenza. Non l'ambiguità, che detesto, ma proprio l'ambivalenza; l'avere almeno due volti da mostrare, che poi, tradotto in termini affettivi, significa essere capaci di accettare la propria imperfezione.
Non mi piacciono le persone rigide, tutte d'un pezzo, inflessibili quando hanno ragione. Allo stesso modo rifuggo quelle troppo compiacenti che si annullano pur di essere apprezzate.
Mi piacciono, ecco, le persone che chiamerei relativamente coerenti, cioè leali e affidabili, ma capaci di qualche piccolo cedimento o fragilità. Apprezzo molto, negli altri, la disponibilità a contattare anche le parti meno nobili di sé, come la rabbia o l'eccesso di amor proprio o la paura. Mi piace che nel bello ci sia anche un pochino di brutto e amo ancor di più, però, riuscire a intravedere qualche traccia del primo, del bello, nel secondo.
La bellezza assoluta è fredda come la bontà assoluta. Non genera emozioni intense, ma un apprezzamento per lo più solo di tipo riflessivo e razionale. L'ambivalenza estetica, invece, provoca, fa pensare, ci incoraggia ad abitare la terra e ad attraversare le nostre ombre.
Come in queste foto scattate qualche giorno fa nei pressi della stazione di Bologna, in una strada assai brutta e grigia, costeggiata da un muro scalcinato reso ancora meno attraente dal filo spinato.
Muro e filo spinato segnavano il confine con un al di là forse anche più brutto; un insieme disordinato di casermoni, di antenne, di erbacce e di gru tristi e immobili contro il cielo.
Poi, però, la visione di un rosario di papaveri rossi incongrui rispetto al luogo, gioiosi e quasi sfacciati, inattesi in tanta desolazione, mi ha generato la stessa meraviglia emozionata che si prova di fronte a un'opera d'arte.
Attraversare una perdita è un po' come trovarsi improvvisamente catapultati nella desolazione di un paesaggio inaccogliente. Poi ci si fa coraggio, si procede, un passo dopo l'altro, e si aguzzano gli occhi per cercare un appiglio, una consolazione, il richiamo della vita.