venerdì 5 febbraio 2016

Di tramonti e di maestre che picchiano.

Ho sempre fatto foto in orizzontale, ora sto cominciando
a provare gusto per lo sguardo verticale. 
E' il tramonto di tutto? A volte mi pare che non si possa proprio non pensarlo. A volte, cioè, si ha l'impressione che quello a cui assistiamo sia il tramonto delle speranze, delle utopie, dei sogni, delle illusioni, delle fantasie e del desiderio di un modo diverso di relazionarci gli uni agli altri. Le notizie che si leggono lasciano senza fiato. Ci avvolgono in una spirale mefitica di paure, ci terrorizzano, ci tolgono la gioia di vivere, la curiosità verso i nostri simili e tanto più verso i dissimili per storia o per idee.

Questa e le altre, salvo diversa didascalia, sono foto di tramonti di questi giorni

E non fa differenza se si tratta di grandi eventi catastrofici, di brutte storie locali o di piccoli e insignificanti episodi della quotidianità. Ci si sente persi ogni volta. Si ha la percezione dell'aumento della criminalità e del pericolo; ma io credo che succeda perché è diminuito il senso di solidarietà. Se ti capita qualcosa per strada infatti, anche se ci sono testimoni, è molto difficile che ti vengano in aiuto. Probabilmente fuggiranno o forse si fermeranno un attimo, chissà, per fotografare la scena e affidarla alla rete.




Ho guardato il video girato in un nido della mia città. Ho considerato quei gesti nervosi, quel sollevare tenendo i bambini per un braccio, come fossero oggetti inerti, cose morte. E ho visto il tranquillo muoversi indaffarato degli altri adulti, indifferenti, solerti e cheti.




Nessuno si è accorto di nulla, nessuno ha protestato, nessuno le ha fermato la mano, nessuno l'ha aiutata, se stava male come presumo, a ritrovare il controllo di se stessa e il senso del limite, del rispetto dell'altro e della fragilità di quei bambini.




E' questo che spaventa. L'indifferenza, il pensare che non è affar nostro se non ciò che ci riguarda direttamente, che non bisogna impicciarsi e magari anche che da che mondo è mondo è sempre stato così. 

Un tramonto del 2011 - Marina di Vecchiano

Una persona che sceglie esseri più deboli per sfogare la propria rabbia, frustrazione e malessere di sicuro non sta bene. Possibile che nessuno se ne sia accorto? Che nessuno abbia provato a fermarla oppure ad aiutarla o ancora, se impotente, a denunciarla come hanno fatto finalmente quelli che ne hanno avuto il coraggio, ma che non erano i suoi colleghi diretti? 

Marina di Vecchiano - 2011

Ora si è scatenata la gogna, il "datela a me che ci penso io". Non è una soluzione, ma un'amplificazione del problema. Qualcuno, poi, propone di mettere telecamere ovunque o di costruire le scuole dei più piccoli con pareti di vetro. E' comprensibile, è umano pensarlo.
Io ricordo soltanto, però, che quando eravamo piccoli, più i genitori ci controllavano e più eravamo sollecitati a ingannarli. So che i genitori ai quali si obbedisce volentieri sono quelli che ci danno la loro fiducia. Così non credo che sorvegliare di più sia una soluzione del problema e che garantisca più di tanto. Bisognerebbe invece farci carico maggiormente, saper cogliere i segnali di malessere, prevenire il burnout di chi lavora con altri esseri umani e non con le cose ed è perciò più soggetto a stress e al rischio di comportamenti patologici e dissociali. 




Il burnout è una condizione patologica di stress legata al lavoro che colpisce spesso figure di cura o educative. Si caratterizza, in generale, per la comparsa di un bruciante e intenso senso di fallimento e inadeguatezza che porta insonnia, irritabilità, malesseri psicofisici di varia natura, ma anche demotivazione, disimpegno, indifferenza nei confronti delle persone in cura o in formazione, facili accessi di collera e una sorta di cinismo e di perdita della capacità di discernere se i propri comportamenti sono o meno consoni. 
Da ormai più di trenta anni si conoscono le specifiche caratteristiche della sindrome da burnout quando colpisce gli insegnanti. Rispetto ai sintomi trasversali alle diverse figure professionali di cura (psichiatri, infermieri, fisioterapisti, logopedisti...) il burnout degli insegnanti comprende anche una tipica perdita della capacità di controllo e di quella di staccare mentalmente con le problematiche lavorative.

Tramonto oltre il viale delle Piagge

Il pensiero vi si fissa e le dilata ed esse invadono la vita relazionale e psichica fino a soverchiare ogni altro interesse o preoccupazione e a determinare reazioni impulsive, cariche di emotività inarrestabile e spesso violente. Gli studi hanno anche mostrato come siano fattori predisponenti, oltre a quelli individuali, le classi troppo numerose, la scarsa gratificazione economica o in termini di comprensione e valorizzazione sociale, la conflittualità tra colleghi o con le famiglie degli alunni e anche il continuo mutare le regole e condizioni di lavoro attraverso un susseguirsi di riforme e controriforme, di regolamenti e obblighi burocratici che lievitano fino all'inverosimile. 

Tramonto sul fiume - Arles, agosto 2014

No, il rimedio non è l'intensificazione del controllo, ma la  capacità di responsabilizzarci, come paese e come singoli, cercando di non chiudere gli occhi di fronte al malessere profondo che può portare una persona a trasfigurare completamente il proprio modo di essere.  L'indifferenza e il cinismo, ma anche l'omertà e la deresponsabilizzazione stanno  invece diventando delle pericolose abitudini relazionali. 

La vecchia copertina a me cara.

Secondo Foucault la società pan-ottica del controllo e della trasparenza assoluta non può che generare essa stessa delinquenza. Per chi volesse approfondire: credo sia insuperato il bellissimo "Sorvegliare e punire".  Qui il link. No, non si risolve il problema con il controllo, ma con la responsabilità condivisa.

Il progetto del Panopticon di Bentham.




4 commenti:

  1. So bene di cosa parli. Quattro
    Lunghi anni di lavoro in un sistema sanitario proprietà di potenti sindacati operai si sono trasformati in un incubo, dove le prestazioni e regime imposte ai giovani medici erano disumane. Fino a tredici guardie attive, oltre il lavoro quotidiano, risultavano in c.a. 440 ore di lavoro mensili, debito perenne col proprio sonno e riposo, e l'estorsione del consenso era garantita dalla minaccia tacita di non rinnovare annualmente il lavoro.
    Ricordo esattamente il momento nel quale incominciai a odiare gli inconsapevoli pazienti soltanto perché continuavano ad arrivare , e giustamente, a pretendere di essere assistiti professionalmente, con correttezza ed in tempo reale.
    Il sistema burocratico deviava fondi intesi per pagare personale, ad altri scopi più redditizi, e manteneva in regime di schiavitù giovani medici che in buona fede volevano soltanto essere coerenti col giuramento ippocratico.
    Questo é stato il mio girone dell'Inferno, la mia sofferente schiavitù, il mio burnout dovuto all'avarizia e insensibilità di un sistema disumanizzato.
    Niente accade perché sí.
    Personalmente, anziché perpetuarmi nel ruolo e nel sistema assegnatomi, decisi di uscirne, imboccare un'altra attività professionale, dove Io ero il mio padrone, amministratore e general manager.
    Ho dormito, riposato, guadagnato e fornito il miglior servizio al prossimo. Non ho dovuto odiare per conto terzi dissociati, ne essere loro vittima né carnefice delegato.

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  2. Non giustifico la violenza che si vede in quel filmato. Dico solo che la violenza può annidarsi ovunque, anche in famiglia. Madri, padri, nonni, nonne possono picchiare e vessare psicologicamente i bambini anche in tenera età o persino abusare di loro. Capita, come capita a scuola, e non bisogna generalizzare. Bisogna prevenire, cercare di capire il perché, rimuovere le cause che portano le persone a comportarsi in un certo modo. A volte queste cause sono legate anche a un sistema di sistemi che considera gli esseri umani come cose, che calcola, a un medico, il "tempo-uomo", cioè il tempo giusto, in base a una logica meramente aziendale, per comunicare, che so, una diagnosi di influenza o una condanna a morte, indifferentemente. Ricorrere alle telecamere è giusto per trovare le prove di un misfatto, ma non serve per prevenirlo. Le telecamere non sono un deterrente, non registrano la violenza psicologica, altrettanto dannosa di quella fisica e a volte anche peggiore e volendo servirsene andrebbero messe, comunque, in ogni luogo. Anche in famiglia, appunto, o in parrocchia, al bar, nei cinema...Il mondo diventerebbe un'enorme prigione trasparente, un Grande Fratello gigantesco. Sono invece il senso di solidarietà e di fiducia che bisogna rinsaldare. Sono le relazioni umane che devono tornare al centro delle nostre riflessioni e avere la priorità, mentre ci viene continuamente suggerito che non ce lo possiamo permettere, che la scuola, come l'ospedale, son aziende e con quella logica debbono funzionare. Poveri noi!

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  3. Elena Franchini06 febbraio, 2016

    Come utente del nido in questione (entrambi i miei figli lo hanno frequentato) posso testimoniare che 15 anni fa era una struttura eccellente e che quella maestra era da tutti stimatissima, professionalmente preparata e capace. Evidentemente, come ben spiega Antonella, è subentrato uno stress da burnout: se capita ai migliori figuriamoci se non può capitare anche ad altri! Non ignoriamo il problema, è facile scagliarsi su un 'mostro' da insultare, ben più difficile cercare di capire le cause che hanno provocato un cambiamento così radicale in una donna che per anni ha svolto bene il suo lavoro. Grazie Antonella per questo tuo post.

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  4. umanamente ognuno di noi è cosciente della propria fragilità umana, sappiamo come essa può essere messa a dura prova e come le nostre forze interiori possano essere variabili. Giusto Antonella, scagliarci sul mostro molto spesso diventa approssimativo e non risolutivo del dramma insorto o che potrebbe insorgere. Prevenzione, più persone che assieme possano affrontare una situazione problematica,misure precauzionali verso chi non si sente bene, manifesta anomalie comportamentali. Esiste una sorta di omertà che induce a pensare sia tradimento il segnalare ciò che non funziona. Esiste verso gli anziani, i bambini , le fasce deboli, gli animali. Allora con buon senso, preparazione, coerenza, bisognerebbe parlare, dire che qualcosa non va, che ci si sente male, che qualcuno sta male,degli atteggiamenti non sono giusti. Non atti di eroismo, ma strutture che permettano e valutino le voci, che verifichino le denunce, che proteggano. Prevenzione anche nella possibilità di dire:sto male, sto scoppiando- crederci e fermare prima del limite un'azione.Sensibilità, attenzione,preparazione e denuncia immediata.

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