giovedì 6 marzo 2014

Il rumore del vento


John William Waterhouse, Windflowers, 1902
Ieri mattina. Lascio Pisa in una luce incerta che piano piano trova coraggio e poi ancora e ancora. Il nastro grigio della strada dopo qualche chilometro brilla come fosse d’argento e per questo solo indizio capisco che la primavera è proprio dietro l’angolo.

Lungo la strada - 5 marzo 2014
La sento, la respiro, la vedo nelle foglie tenere dell’erba, nei nidi nuovi sui rami e nella dolcezza delle colline in fiore. 

primavera
printemps
spring
frühling
ver
έαρ 


Mi si scalda il cuore pensando alla primavera e a tutte le metafore gioiose che rende possibili e canticchio mentre l’auto arranca tra curve a gomito e su per le salite. Apro anche un po’ i finestrini e lascio entrare da fuori i profumi e il tepore.


Montecatini Val di Cecina - Il profilo del paese, da lontano e dopo una certa curva, ogni volta mi appare improvviso e diverso - 5 marzo 2014
Poi, imboccata la strada ripida e spiraliforme che conduce al mio paese, lo scenario cambia. Il cielo è un pochino più grigio e le nubi assomigliano ad aerei da guerra che corrono verso il loro lugubre dovere. E sembra che persino i fiorellini del ciglio della strada  si tirino su i petali, attorno alla corolla, come fossero il bavero di un cappotto troppo leggero per la stagione. Quando scendo dall'auto subito un vento fortissimo di maestrale mi schiaffeggia, mi arruffa i capelli, mi fa lacrimare gli occhi e mi costringe a socchiuderli mentre mi avvolgo in una sciarpa dimenticata nel sedile posteriore qualche giorno fa. Mi ricordo, allora, di essere un po’ figlia e un po’ sorella di questo vento scontroso che ha fatto da cornice alla mia infanzia. Io sono così come sono, con tutte le mie contraddizioni, anche perché l’ho attraversato negli anni.
John William Waterhouse, Boreas, 1903
In quelli più lontani, infatti, quando le raffiche ululavano attorno alle antiche pietre e ai tetti arroccati delle case, me ne andavo spesso per sentieri solitari, i pugni in tasca e le labbra serrate, fino a non sentire più rumori di presenze umane, ma solo fruscii di rami; e quel fischio, quella specie di mugolio di belva feroce che era il rumore del vento. Quel rumore e quell'asprezza mi aiutavano ad ascoltare la mia rabbia e mi permettevano, così, di lasciare poi spazio a nuovi, insperati sentimenti di dolcezza.


John William Waterhouse, Ofelia, 1889

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