martedì 4 febbraio 2014

“Bottana a te e a soreta!”

Metropolis, Fritz Lang 1926

In riferimento ad alcune vicende parlamentari di questi giorni, che definire "politiche" mi richiederebbe uno sforzo sovrumano, trascrivo da Facebook una nota relativa a una piccola cronaca abituale. Risale a quest'estate e racconta di una mattina nella quale, come cittadina, è capitato a me di essere offesa facendo riferimento alla sfera sessuale. Non è stata la prima né sarà l'ultima volta. E' solo linguaggio? E' ironia? Perché, quando si discute con una donna di qualche cosa che riguarda la guida dell'auto, la politica o un aspetto della vita professionale si fa ricorso a offese relative alla sfera sessuale? 

Metropolis, Fritz Lang 1926

Credo che sia per ricordarci di stare al nostro posto, in una dimensione subalterna, identificate con la necessità di riproduzione della specie e con una sessualità intesa in senso dispregiativo. E poi c'è quel gusto amaro della cattiveria fine a se stessa, del piacere dato dall'umiliare o dal ricordare a qualcuno che è stato oggetto preferenziale di umiliazioni e dunque che cosa pretende, che se ne stia zitto e  buono, che non fiati e che non si azzardi. Ricordo quando Grillo si riferì pubblicamente a Rita Levi Montalcini chiamandola "vecchia puttana". (Si può leggerne qui.) Non so se abbia mai ritrattato o chiesto scusa, ma non credo.


Furia, Fritz Lang 1936

17 agosto 2013
Mi hanno rubato il sellino della bici. Perciò prendo l’auto e mi becco il primo “vaffa 'nculooo puttanaaaaa” perché per parcheggiare  costringo chi è dietro di me a fermarsi. Eppure la freccia l’ho messa e per tempo e sto facendo tutto velocemente. Il secondo, forse un po’ più meritato, lo becco poco dopo quando apro lo sportello. Ancora dispiaciuta per l’aggressività verbale appena subita, infatti, non mi accorgo che sta arrivando un ciclista. Il quale  mi lancia la variante: “Bottana a te e a soreta!”. Sarei rimasta meno male se mi avessero urlato un classico “stronza”. E invece no, puttana e poi bottana.  E’ strano: ci sono molte bici senza sellino, proprio come la mia. Queste bici monche, sparse per la città, incrementano il sentimento molesto di un’aggressività diffusa, penetrante, appiccicosa.



Furia, Fritz Lang 1936

Mi muovo tra i turisti. Indossano i pantaloncini corti, sono più bianchi di me e hanno in mano una guida o una mappa, a volte anche un gelato. Sorridono nonostante il caldo. Li ammiro, mi piacciono: è da coraggiosi venire in agosto a visitare una città d’arte e cultura in questo paese che considera ormai i turisti solo come polli da spennare. E non potrebbe essere altrimenti, dato che da tempo, forse, considera così anche i propri cittadini. 

 
Metropolis, Fritz Lang 1926

La mattina è cominciata male già prima di uscire e sarà per il caldo, sarà perché la vita è più difficile per tutti, di aggressività ne ho respirata fin troppa; penso a un certo punto. Invece, quando in fila  mi sporgo un po’ in avanti per leggere l’etichetta di un prodotto esposto, ingannando l’attesa, una signora mi esorta in malo modo a stare al mio posto che qua nessuno è fesso. E annuisce più  volte.



American Girl in Italy, Ruth Orkin 1951
La foto è stata scattata a Firenze, davanti al Caffè Gilli

Guardo questi miei simili, le loro facce cattive di italiani sempre arrabbiati e sempre frustrati perché lì in fila ci siamo noi, perché non siamo in vacanza, perché è caldo e perché sì. Rigidi, severi, impauriti, indolenti, pigri mentalmente oltre che fisicamente. Ecco come mi appaiono ora e spero che mi passi presto per non rischiare che anche la mia faccia diventi come la loro, dura e severa anch’essa, gli occhi strizzati quasi a zummare la distanza dagli altri e le labbra piegate all’ingiù. 
Finalmente attraverso il ponte di mezzo, assolato e quasi fumante come un deserto, per rientrare. Penso che è l’ora peggiore, per il caldo, quando una lieve brezza mi solletica i capelli. Inaspettata, gradevole, un miracolo di gentilezza. La cosa meno aggressiva di stamani, in questo 17 agosto infuocato? Incredibile: il clima.



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