giovedì 10 ottobre 2013

Maledetta la vita, grazie alla vita


Non cantò solo il suo grazie alla vita, Violeta Parra. Cantò anche il suo dolore di donna e la solitudine del sentirsi incompresa che può distruggere tutto l’amore possibile, quello per l'esistenza e quelli di ogni altra specie. Cantò un rosario di maledizioni: per la primavera e i suoi fiori, per i colori della natura, per tutto ciò che di solito dà gioia e riscalda il cuore. Le cantò con la sua  voce non pulita e per questo tanto più bella, appassionata, vera. 
Nel film, quella canzone, quella delle maledizioni urlate con rabbia e disperazione, precede la scena con la pistola nera stretta nelle mani. 


Sono uscita dalla sala sentendo freddo e senza capire se fosse davvero scesa così tanto, in due ore, la temperatura fuori. 

Camminando in silenzio, poco fa - peccato per il rumore dei tacchi, mi dicevo - a notte fonda, in via San Martino deserta e giù fino all’auto piccola e azzurra e tutta ammaccata pensavo che no, ma in fondo, il rumore dei tacchi nella notte scura era un segno di vita e di resistenza ostinata. 

3 commenti:

  1. Un bel riflettere, un bel sentire, un bel partecipare, Antonella.

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  2. Partecipo sempre molto quando un film mi piace, Pino. In un certo senso sono un po’ malata di cinema perché mi serve certamente come godimento culturale, ma anche per riflettere su me stessa. Non ho scritto malata di film, ma proprio di cinema, anche se al cinema, è ovvio, ci vado per guardare i film. Non è la stessa cosa guardare un film a casa, con mille distrazioni, o in una sala buia dove se il film ti incoraggia a farlo allenti le difese. Quando capita entri nella storia, proprio quasi nel grande schermo che sovrasta la platea e ti muovi tra i personaggi e sei l’uno e l’altro, la vittima e il carnefice nello stesso tempo, dando vita per identificazione ai mille tuoi volti. La storia di questo film la conoscevo già perché è quella vera di una donna forte e coraggiosa che a un certo punto, alla soglia dei 50 anni, perde tutta la sua energia e si toglie la vita, non riuscendo più a credere nei propri sogni. Sono andata quasi rammaricata di avere deciso su due piedi e quindi di non avere potuto proporre a nessuno di condividere con me un film che di sicuro mi avrebbe generato emozioni forti. Però dopo ho pensato che questa volta è stato quasi meglio così: cioè averlo visto da sola e poi averlo subito ripensato nel silenzio del tempo interno e nel breve spazio della piccola passeggiata notturna del rientro.

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  3. Non so come mai, ma è come una battaglia ostinata, tra tante emozioni. La voglia di andare giù in profondità, e capire, e arrivare al dunque, e dall'altra parte il lasciarsi andare, l'attesa dell'imprevedibile, dell'imprevisto. I sogni che ti lascia un film importante, e poi ritornare a casa, al freddo, e il buio e i lampioni che ti riportano al suolo, all'imprevedibile. I sogni che invece possiamo così bene creare, gestire, guidare, chiudere se ci portano fastidio, o se li abbiamo spremuti

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Scrivere in un blog è come chiudere un messaggio in una bottiglia e affidarla alle onde. Per questo i commenti sono importanti. Sono il segno che qualcuno quel messaggio lo ha raccolto. Grazie in anticipo per chi avrà voglia di scrivere qui, anche solo e semplicemente per esprimere la propria sintonia emotiva.