domenica 1 settembre 2013

Il mito del due


Nel dormiveglia ripensavo che abbiamo il mito del due soprat-tutto in amore. 

Eppure siamo in molti di più ad affollare una relazione e non parlo solo di quelle amorose, ma di tutte. Come nel quadro di Klimt due persone si abbracciano nell'intimità più protetta e tutti i loro fantasmi li guardano. Genitori, nonni, parenti e amici; ex , persino.

Approfondire ri-chiederebbe, però, troppe pa-role e dunque mi limito a poche considerazioni veloci prima di uscire. Prendiamo il bambino che per gioco fa un’iniezione a un adulto dopo averne subite alcune. 



Tecnicamente si parla di “identificazione con l’aggressore” ed è uno dei meccanismi psicologici più potenti anche tra quelli adulti, in particolare perché facilita il consenso politico. Altro esempio. Prendere a calci un animale indifeso è un modo perverso per sentirsi forte e potente da parte di chi è socialmente o affettivamente umiliato o ha subito ingiustizie. Passare all’altro ruolo con qualcuno più debole, per sentirsi forti, è, naturalmente, una soddisfazione effimera e dunque c’è bisogno di ripetere e ripetere e ripetere. Stessa cosa vale per le violenze, fisiche o psicologiche, in famiglia e in generale nella sfera del privato. Penso che siamo analfabeti sentimentali e che forse bisognerebbe non esaltare troppo quella presunta spontaneità in base alla quale crediamo di agire. Penso che bisognerebbe riflettere di più sui nostri comportamenti e discriminare tra l’attenerci a un copione che ci hanno fatto mandare a memoria e la nostra scelta. Perché anche l’infelicità crea abitudine e dunque dipendenza e sicurezza.

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