martedì 13 agosto 2013

Dipendenze e suggestioni


Dipendenze e suggestioni. Ho dedicato molte ore, per diversi giorni, a leggere e a guardare filmati intorno a questo argomento che rientra nei miei percorsi di ricerca e che mi sta molto a cuore. Con oggi chiudo e comincio a tirare le fila, ma quasi quasi vorrei tornare indietro e non avere approfondito proprio niente. Perché comprendere, a volte, lascia solo il sapore amaro dell’impotenza. 
Dipendenza e suggestione sono diventate il perno attorno al quale ruotano molti legami di gruppo; politici, ma anche di altra natura. Provo una fitta al cuore pensando, per esempio, al business del dolore o ai viaggi della speranza. E so, per averlo constatato direttamente prima della professione attuale, che  spesso funzionano anche tecniche e metodologie di cura che di per sé non hanno alcuna validità, ma traggono forza ed efficacia dell’autoconvincimento e dalla sicurezza legata alla dipendenza e al senso di appartenenza. Quando ci si affida a esse si attribuisce loro il merito di qualsiasi evento positivo ci capiti casualmente di vivere. Gli eventi negativi, invece, si ribattezzano come positivi mascherati, che servono per predisporci a ciò che di buono verrà dopo. Si pensa, così, di potere controllare tutto, evitare l’inaspettato e persino fermare il tempo. Bianco o nero. Come nei film di John Wayne.


Prendere solo ciò che ci conferma, cancellare ciò che ci genera il minimo malessere e pazienza se si getta via qualcosa di buono o di bello, l’importante è fare velocemente. Si evita di contattare l’ambivalenza, dunque l’inquietudine, il dubbio, la necessità di essere responsabili di una scelta che sia davvero nostra.
Se si affacciano alla mente possibili tentennamenti o critiche rispetto al gruppo e ai principi sui quali si regge ci se ne libera perché non possiamo pensare di esserci ingannati per mesi o anni. E allora perseveriamo, vivendo, a volte, una vita come fossimo in trance, nella quale forse si soffre meno, ma si è ancora più soli. Non è possibile, infatti, quando si è prigionieri di un legame di gruppo del genere, stabilire alcuna duratura e profonda relazione. Guai a lasciarsi penzolare da un trapezio, senza la protezione, sotto, della rete! Guai a lasciarsi andare ai sentimenti senza la preventiva sicurezza sul futuro, su come andrà a finire. Guai a perdere anche una piccola fetta di controllo della realtà.


Un’antica tecnica di astrazione dal desiderio, dalla quale mi sento molto, molto distante, si basa sull’idea che non si soffre se si impara a non attaccarsi troppo a ciò che si potrebbe perdere.
Peccato che così si vive come prigionieri volontari, che rinunciano all'aria, alla libertà e ad assoporare le gioie dell'esistenza per paura di perderle e di soffrire.

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