E’
stato un bel pomeriggio.
Uno di quelli che ti fanno vedere ancora uno
spiraglio di possibile cambiamento.
E' stato molto piacevole conoscere persone come Francesca
Prestia e Paolo De Chiara, entrambi impegnati generosamente in una personale
battaglia, di denuncia e di educazione.
Si
parlava, ieri, del filo invisibile che lega i delitti di ‘ndrangheta e i
femminicidi. Una sporca faccenda tra maschi in entrambi i casi. E le donne,
deputate a dare la vita e a piangere la morte, costrette a scegliere tra il ruolo
di eterne bambine da proteggere o quello di Grandi Madri. Oppure destinate a
essere ridotte, e per sempre, nella maniera più cruenta e plateale possibile, al
silenzio. Le donne che denunciano il proprio compagno o marito violento restano
di fatto abbandonate proprio come i tantissimi che ribellandosi a organizzazioni di tipo mafioso vengono
protetti dallo stato, ma proprio così costretti a una custodia che di fatto significa
una diversa prigionia e un ancor più doloroso isolamento relazionale e sociale.
Siamo rimasti molto oltre l’ora prevista per il termine e le persone sedute tra il pubblico avevano gli occhi lucidi di commozione e di rabbia. Noi da quell’altra parte della sala parlavamo, ognuno con la propria inflessione, con il proprio stile, con il proprio tono di voce, ma tutti accomunati da una medesima passione, dallo stesso desiderio di giustizia e verità e dalla determinazione di non arrendersi mai alla prepotenza.