giovedì 11 luglio 2013

Giorgio Gaber o Torquato Tasso?

(...)
Potrò guardare dentro al suo cuore
e avvicinarmi al suo mistero
non come quando io ragiono
ma come quando respiro

Quando sarò capace di amare
farò l'amore come mi viene
senza la smania di dimostrare
senza chiedere mai se siamo stati bene.

E nel silenzio delle notti
con gli occhi stanchi e l'animo gioioso
percepire che anche il sonno è vita
e non riposo.
(...)


Erminia è innamorata di Tancredi, ma Tancredi è innamorato di Clorinda che lo fugge e così via. Al liceo la Gerusalemme liberata mi risultava insopportabile per questi intrecci di amori non ricambiati, per questi godimenti masochistici dai quali mi sentivo distante anni luce.

F. Hayez, Rinaldo e Armida, 1814
Ho sempre disprezzato il luogo comune secondo il quale in ogni coppia amorosa uno dei due rincorre l'altro e ama di più. Ho invece sempre pensato che l’amore presuppone la reciprocità del desiderio, oppure si tratta di un’altra cosa, che lo imita malamente. Per esempio a volte ciò che sembra amore è soltanto una sfida legata al bisogno delle conferme narcisistiche che possono scaturire dal vincerla. 



Ci si muove, allora, dall’enfasi iniziale dell’innamoramento che fa scordare se stessi e il mondo, alla progressiva saturazione per avvenuta conquista, quindi all’abitudine che ci fa inchiodare l’altro in una forma cristallizzata e ci rende incapaci di percepirne le trasformazioni nel tempo e di continuare a provare curiosità per il suo mistero. Lo imprigioniamo in un’immagine, gli impediamo di cambiare, di mostrarne altre, di presentare diversi volti e in particolare quelli che ha sempre sognato di avere.


Ecco di cosa parlava Gaber nelle sue canzoni sull’amore: del senso del desiderio, della semplicità legata al piacere di condividere le gioie della vita – anche solo un vino, una musica, il profumo dei campi nelle notti d’estate - e della mania di sciupare tutto con l’ideologia dell’amore stesso, con l’associarlo alla battaglia, alle tattiche e alle strategie, alla collezione e alla conferma, alla sicurezza data dall’abitudine e alla disperazione del purchessia, del “pur di non stare soli”. 



Negli anni dell'ultima produzione artistica di Gaber, quando cantava le canzoni sulla coppia scritte insieme a Sandro Luporini, si discuteva molto di amore e possesso, di gelosia e libertà. Ci si interrogava inquieti e dubitosi, a volte si sperimentava facendoci anche molto male, ma così facendo si cresceva senza dare niente per scontato.
A distanza di tempo da quelle esperienze una cosa soltanto mi sento di affermare con una certa sicurezza: bisogna essere capaci di stare da soli per essere in grado di stare bene con un’altra persona e di condividere con lei un tratto del nostro cammino o persino quel che resta della nostra vita.


Ieri sera ero a Massarosa ad ascoltare le canzoni di Gaber sull’amore interpretate in versione jazzistica da Rossana Casale. E tutto questo mi si agitava dentro il cuore, nella notte profumata, in mezzo agli ulivi, ascoltando la sua voce calda e volutamente un po’ arrochita in certi passaggi e i pezzi strumentali del pianista, del contrabbassista e del sassofonista. E' stata una serata molto bella, fatta per emozionarsi e per pensare e così, in questo piccolo ritaglio di tempo, ho avuto voglia di scriverne.


(...)
Quando sarò capace di amare
mi piacerebbe un amore
che non avesse
alcun appuntamento col dovere

Un amore senza sensi di colpa
senza alcun rimorso
egoista e naturale
come un fiume che fa il suo corso.

Senza cattive o buone azioni
senza altre strane deviazioni
che se anche il fiume le potesse avere
andrebbe sempre al mare.

Così vorrei amare.